Vino biologico che non era tale. Vini adulterati, miscelati con sostanze fermentate da barbabietola e canna da zucchero, che poi veniva rivenduto come – appunto – bio, Doc e Dop nei punti vendita di diverse aziende di Puglia, Campania, Lazio e Abruzzo: una truffa, ribattezzata “Ghost Wine” dagli inquirenti, che ha condotto al sequestro di sei stabilimenti e l’arresto di 11 persone.
La truffa, scoperta dagli uomini dei NAS di Lecce, consisteva in un elaborato sistema di falsificazione dei prodotti vinicoli, mediante l’uso di miscele zuccherine ottenute, come sopra anticipato dalla barbabietola e dalla canna da zucchero. Un meccanismo che attraverso la rifermentazione di vini di bassa qualità, grazie all’elevata dose di zucchero che è presente nelle miscele, consentiva di ricavare un prodotto dal costo molto basso, che però veniva rivenduto come biologico, Dop (Denominazione origine protetta) o Doc (Denominazione origine controllata).
Insomma, così facendo i produttori per cui ora si ipotizza la frode potevano entrare nel mercato con prezzi molto più bassi rispetto a quelli che erano applicati dalla concorrenza “vera”, con margini di guadagno superiori. Peraltro, in aggiunta a quanto sopra, gli uomini dei NAS di Lecce hanno riscontrato anche la presenza di vino di provenienza spagnola, che veniva smerciato come pugliese e Doc attraverso una serie di false certificazioni, oltre alla generazione di un falso Aceto Balsamico di Modena, che veniva ottenuto non nel procedimento “sano”, bensì con l’uso di additivi chimici a base zuccherina.