Il krill è un piccolo e innocuo crostaceo. Guai, però, a pensare che non sia sufficientemente importante per l’ecosistema globale: questi crostacei giocano infatti un ruolo importante nell’ecologia dell’oceano intorno antartico, considerato che pinguini, balene e altri predatori si nutrono di grandi sciami di questi animali, simili ai gamberetti.
Ebbene, ora i ricercatori hanno condotto un’ampia indagine internazionale sul principale habitat del krill nel Mare di Scozia (il primo in quasi 20 anni) al fine di scoprire se l’industria della pesca sta lasciando sufficiente spazio ai predatori naturali.
Predatori acquatici, il cibo scarseggia
Lo studio, condotto dall’Institute of Marine Research (IMR) di Bergen, in Norvegia, è iniziato ufficialmente la settimana scorsa, quando la nuova nave Kronprins Haakon è partita da Punta Arenas, in Cile, per il Mare di Scozia. Insieme ad altre cinque navi passerà quasi 2 mesi a mappare l’abbondanza di krill in un’area ha le dimensioni del Messico.
Oltre alla misurazione della popolazione di krill, il progetto metterà alla prova nuovi strumenti per la conduzione di indagini di questo tipo, che potrebbero migliorare il controllo della pesca. “Con un sistema di gestione più dinamico, possiamo essere certi o meno che la pesca non stia influenzando negativamente le popolazioni di krill o di predatori”, dice Bjørn Krafft, un biologo marino.
La preoccupazione sulle sorti del krill non sono certamente nuove. Già negli anni ’80, gli scienziati cominciarono a temere l’effetto sui predatori che si nutrono di krill della scarsità di questi gamberetti.
La Convenzione per la conservazione delle risorse marine viventi dell’Antartide (CCAMLR), un’organizzazione istituita nel 1982, ha fissato limiti rigorosi per la pesca, ora a 620.000 tonnellate all’anno. La maggior parte delle attività di pesca è stata interrotta dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, ma è tornata a crescere lentamente negli anni successivi. La Norvegia prende ad esempio, da sola, circa la metà del pescato attuale, estraendo gli acidi grassi omega-3 di questi animali per gli integratori alimentari. “Dobbiamo assolutamente sapere se il limite di cattura è ancora precauzionale”, dice Simeon Hill, un ecologista del British Antarctic Survey di Cambridge, non coinvolto nel progetto.
Eccessiva la pesca del krill?
Nel 2000 CCAMLR ha organizzato una precedente indagine sul krill. All’epoca, però, il ritrovamento di circa 60 milioni di tonnellate di krill nel Mare di Scozia aveva rassicurato gli studiosi, sufficientemente prudenti sul futuro di questa popolazione.
Tuttavia, negli anni successivi indagini più piccole, condotte annualmente in alcuni luoghi più delimitati, avevano dimostrato che le popolazioni regionali di krill oscillavano pericolosamente, rendendo molto difficile misurare lo stato di salute dello stock complessivo. “Abbiamo pezzi, ma ci manca il quadro generale”, dice il biologo marino Rodolfo Werner, consigliere dei Pew Charitable Trusts e della Coalizione Antartica e Oceano del Sud, che ha sede a Bariloche, Argentina.
Come stimare la popolazione di krill
Per stimare l’abbondanza di krill, sei navi utilizzeranno ecoscandagli e si concentreranno sul campionamento nei punti più intensi della pesca.
Durante l’ispezione, le navi ripercorreranno i precedenti tragitti, misurando sciami di krill con ecoscandagli, una sorta di sonar, e confermando poi l’identificazione con reti a strascico a campionamento. Alcune navi misureranno anche variabili oceanografiche, come temperatura, correnti e plancton, per vedere se possono essere utilizzate per prevedere l’abbondanza di krill.
Verranno anche testati alcuni dispositivi remoti che potrebbero raccogliere nuovi dati sulla popolazione di krill, in modo continuo e più economico. L’Haakon dispiegherà sensori ormeggiati, alianti d’onda e una boa a vela, per confrontare le letture con i dati della rete e dell’ecoscandaglio. “Questa è una delle parti più vantaggiose dell’indagine“, dice Bettina Meyer, un’ecofisiologa del krill dell’Alfred Wegener Institute di Bremerhaven, in Germania.
Allo stesso tempo, i team terrestri dell’IMR e del Norwegian Polar Institute seguiranno foche, balene e pinguini alla ricerca di krill nello stretto di Bransfield, un importante terreno di alimentazione vicino alla Penisola Antartica. Unire le loro tendenze alimentari con i risultati della rilevazione condotta dalle navi “ha un grande potenziale per avere una migliore idea delle interazioni tra la pesca del krill e i predatori”, dice So Kawaguchi, un ecologo marino presso la Australian Antarctic Division di Kingston.
Ad ogni modo, nemmeno questa indagine potrebbe essere in grado di rivelare come la popolazione complessiva di krill nel Mare di Scozia sia cambiata rispetto all’indagine del 2000, data la variabilità delle popolazioni di krill nello spazio e nel tempo. Per scoprire quali sono le cause dei cambiamenti demografici ci sarà bisogno di altre ricerche sul movimento stagionale del krill e sull’impatto del cambiamento climatico.