Brutte notizie per chi vive nelle zone nebbiose e ad alto inquinamento della Val Padana. L’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Isac-Cnr) di Bologna ha infatti scoperto che la nebbia aumenta la concentrazione di PM, e ha pubblicato la sua ricerca assieme alla University of Southern California e pubblicato su Atmospheric Chemistry and Physics.
Secondo i ricercatori, la struttura nebulizzata della nebbia è responsabile sia dell’immagazzinamento dell’inquinamento che dell’aumento della sua tossicità.
Quel che hanno scoperto è che il PM viene inglobato e concentrato nelle piccolissime gocce di acqua che formano la nebbia. Durante questo processo ci sarebbe anche un cambiamento chimico del particolato, e una volta diradata la nebbia, questo risulterebbe addirittura più concentrato.
La Val Padana dunque sarebbe una zona ancor più pericolosa, non solo perché tra le più inquinate d’Europa, ma anche per la forte presenza di nebbia.
Tra i processi chimici che avvengono con la nebbia, vi è anche quello ossidativo, che nelle misurazioni degli scienziati aumenta del 100% in caso di nebbia. Questo potenziale è indicato come molto dannoso, specialmente per i polmoni.
L’inquinamento in Val Padana
La Val padana è da sempre considerata la regione più inquinata d’Italia, in particolare nella zona di Milano. La zona rossa si estende per tutta la provincia, mentre la Lombardia, e grossa parte del Veneto, sono considerati zona arancione, inglobando anche parte del Piemonte e della Romagna. Poi la zona gialla ingloba tutta la pianura.
Un recente rapporto dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del CNR ha già evidenziato come Milano non riesca a ridurre l’emissione e la presenza di PM nell’aria. Le emissioni di polveri sottili, oltre ad essere numerose, restano nell’aria per la particolare condizione climatica. I venti della valle sono deboli e non riescono a spazzare via gli inquinanti.
L’imputato numero uno per questo inquinamento è il riscaldamento degli edifici, responsabile del 45% delle emissioni. Al secondo posto il trasporto urbano, con il 25%, e a seguire l’agricoltura con quasi il 7%. L’industria invece è più indietro, nelle responsabilità.