A New York i rappresentanti di oltre 7.000 istituti universitari di tutti i Continenti hanno formulato un chiaro allarme, sottoscrivendo idealmente quella che è una vera e propria dichiarazione di emergenza climatica. L’obiettivo? Sensibilizzare tutti, dalle istituzioni all’opinione pubblica, sul fatto che non vi sia più alcuna possibilità di temporeggiare prima di intervenire con mosse drastiche in favore dell’ambiente, coinvolto oramai da una crisi sempre più profonda.
In tale dichiarazione, gli istituti universitari suggeriscono tre tappe utili in termini di salva-ambiente, come:
- l’impegno a raggiungere un livello di zero emissioni entro il 2030 o, come ultima opportunità, il 2050;
- la mobilitazione di ogni risorsa utile per la ricerca orientata ad azioni di contrasto al cambiamento climatico;
- l’aumento della diffusione dell’educazione all’ambiente e alla sostenibilità nei curricula degli studenti, nei campus e il raggio d’azione dei programmi comunitari.
Tra ii firmatari del documento troviamo la Alliance for Sustainability Leadership in Education, la EAUC, l’organizzazione per l’azione climatica negli istituti superiori degli Stati Uniti, Second Nature e l’Alleanza per l’ambiente Youth and Education dell’ONU. Tra i firmatari anche la Strathmore University del Kenya, la Tongji University in Cina, la Kedge Business School in Francia, l’università di Glasgow in Inghilterra, la California State University, la Zayed University degli Emirati Arabi e l’università di Guadalajara in Messico.
Tra i suoi commenti, Inger Andersen, direttore esecutivo dell’Onu per l’ambiente, ha rammentato come questo impegno delle università di giungere alle zero emissioni entro il 2030, e incrementare i propri sforzi nei campus, siano non solamente dei target ben condivisibili, quanto anche l’espressione del fatto che i giovani sono sempre più all’avanguardia nella richiesta di maggiori azioni per affrontare le sfide climatiche e ambientali. “Le iniziative che coinvolgono direttamente i giovani in questo lavoro critico rappresentano un grande contributo per raggiungere la sostenibilità ambientale” – ha concluso Andersen.