Un team di scienziati dell’Università di Nottingham sta usando i droni per studiare le piante rampicanti legnose e capire meglio come possono influire sul bilancio del carbonio delle foreste pluviali tropicali.
I risultati dello studio “Unmanned Aerial Vehicles provide a new tool for assessing liana infestation in tropical forest canopies“, sono stati pubblicati qualche giorno fa sul Journal of Applied Ecology.
Dalle conclusioni, è emerso che le foreste tropicali svolgono un ruolo vitale nel ciclo globale del carbonio. Le foreste possono immagazzinare oltre il 30 per cento del carbonio terrestre e contribuiscono al 40 per cento dell’assorbimento globale di carbonio. Dipendiamo insomma dagli alberi che si trovano in queste aree tropicali per assorbire parte dell’anidride carbonica che stiamo emettendo, in maniera tale che non tutte le nostre emissioni finiscono nell’atmosfera.
Ricerche precedenti hanno riscontrato prove che le piante rampicanti legnose, le liane, sono aumentate sia in numero che in massa negli ultimi decenni e stanno riducendo drasticamente l’assorbimento e lo stoccaggio di carbonio delle foreste tropicali. Usando gli alberi come impalcature, le liane si arrampicano fino alla chioma dove ombreggiano le foglie degli alberi, limitando la loro crescita e uccidendone anche alcuni, con la loro presenza intricata. L’effetto è quello di rilasciare nell’atmosfera il carbonio immagazzinato nella foresta tropicale, con impatti importanti e di ampia portata per il riscaldamento globale.
Cresce anche la preoccupazione che il cambiamento climatico stia contribuendo ad alimentare la rapida crescita di queste viti, e la deforestazione sta lasciando spazio nelle foreste affinché le liane possano prosperare.
Per comprendere appieno i potenziali problemi causati dalle liane, gli esperti devono tuttavia comprendere quanto velocemente crescono e quanta parte della chioma forestale sono già in grado di coprire. E, proprio qui, arrivano i droni in nostro soccorso.
Di fatti, l’infestazione da liane degli alberi è tradizionalmente misurata dal terreno, con attività che sono laboriose, lunghe e difficili, in particolare per ciò che avviene negli strati superiori della chioma. Ora, Catherine Waite e i suoi colleghi della Scuola di Geografia dell’Università di Nottingham sono stati i pionieri di una nuova tecnica che renderà lo studio delle liane molto più accessibile ed efficiente, oltre che più accurato.
Utilizzando i droni, veicoli aerei leggeri senza equipaggio, Catherine è stata in grado di catturare immagini aeree degli alberi, le quali le hanno permesso di vedere con precisione l’estensione dell’infestazione di liane dall’alto della chioma.
La ricercatrice ha precisato in tal proposito che “alcune ricerche indicano che la proliferazione di liane è dovuta al riscaldamento globale, e questo sembra destinato ad aumentare in futuro. Questa recente proliferazione di liane, insieme al grande impatto che hanno sul bilancio del carbonio e sul ciclo delle foreste tropicali, significa che è più importante che mai studiare dove stanno infestando le chiome degli alberi in modo più completo e frequente che possibile con i metodi attuali”.
“Con un drone è molto più facile valutare l’infestazione da liane, specialmente negli alberi più alti. Le immagini sono di alta qualità e si può vedere con precisione quanta liana c’è nella chioma dell’albero“, dice Catherine. “Questo metodo è anche molto più rapido, in quanto il drone può coprire una superficie più ampia in meno tempo e più efficiente in termini di costi, in quanto per eseguire il rilevamento sono necessarie meno persone“.
I dati saranno ora utilizzati per mappare le liane e vedere che tipo di fattori di influenza possono influenzare il motivo per cui stanno crescendo dove si trovano.