E che, peraltro, giova ricordare ancora una volta proprio in un contesto, quale quello odierno, in cui moltissimi critici sottolineano come in realtà non si sia fatto abbastanza per cercare di prevedere e contenere simili fattispecie.
Parliamo naturalmente del disastro ambientale petrolifero del 2011, che ha seguito a non troppa distanza quello – ben più ampio – del Golfo del Messico. Una sorta di marea nera fatta in casa, che non regge certo il paragone per i danni a quella messicana, ma che è stata comunque portata alla ribalta delle cronache nazionali per evidenziare quanto la leggerezza umana sia una costante minaccia per l’ambiente.
Archiviata con troppa celerità, il disastro andò a danneggiare la splendida spiaggia di Platamona, nella zona costiera a Nord dell’isola, tra Sorso e Porto Torres. Un sito giudicato di rilevanza comunitaria, sede di un’oasi lagunare del Wwf e, dove per giorni diecimila litri di olio combustibile hanno fatto la loro comparsa.
L’incidente fu provocato da una nave cisterna, l’Esmeralda, impegnata a scaricare carburante nei depositi di E.On. dello scalo industriale di Porto Torres. La nave perse parte del carico che si è riversato in mare. Inizialmente si credette a una perdita di poco conto, ma presto si rivelò la serietà della situazione.
L’intervento del nucleo anti-inquinamento e degli esperti in bonifiche non riuscì a contrastare lo sversamento, che ha finito per raggiungere la sesta discesa al mare di Platamona, interessando diversi chilometri del litorale, dove gli operai specializzati cercarono alacremente – riuscendoci solo in parte – a risolvere il disastro ambientale causato, come dice un comunicato dell’azienda interessata, da un «imprevedibile guasto meccanico nella linea di drenaggio del collettore manichette posizionato all’interno della banchina».
All’epoca Gigi Pittalis, portavoce dei Verdi di Porto Torres, dichiarò come l’incidente fu «l’ennesimo disastro ambientale ai danni delle nostre coste, un fatto inaudito e inaccettabile. Lo sversamento in mare pone seri problemi circa la sicurezza delle operazioni di scarico». E il pensiero andò subito al piano dell’Eni, che vorrebbe impiantare a Porto Torres il più grande deposito costiero di idrocarburi del Mediterraneo.
I peggiori disastri petroliferi della storia
Per quanto straordinariamente grave, la marea nera provocata dal già rammentato disastro ambientale del Golfo del Messico non è stata la più grave della storia.
I record sono purtroppo attribuiti a quanto avvenne nel 1991 con la prima Guerra del Golfo: il 21 gennaio di quell’anno si verificò infatti una gravissima fuoriuscita di petrolio nel Golfo Persico, peraltro – pare – provocata deliberatamente dall’esercito iracheno, che scelse di aprire deliberatamente le valvole delle condutture di petrolio in Kuwait per poter ostacolare lo sbarco dei soldati americani.
Altro grave evento, peraltro ancora in Messico, fu quello del 3 giugno 1979, quando la piattaforma petrolifera Ixtoc I, impegnata in alcune operazioni di esplorazione nel Golfo del Messico, a 600 miglia dalla costa del Texas, prese fuoco andando a disperdere tra le 454 e le 480 mila tonnellate di petrolio in mare. La perdita andò avanti per ben 9 mesi.
Tra gli altri più gravi eventi si ricorda anche quello della piattaforma petrolifera Nowruz, nel Golfo Persico, a breve distanza dalle coste iraniane. Qui la collisione di una nave cisterna con una piattaforma petrolifera provocò la dispersione di 300 mila tonnellate di petrolio.