Col termine esopianeti si indicano tutti quei pianeti che non fanno parte del nostro sistema solare. Questa immensa scoperta ne ha individuati 7, tutti rocciosi e in tre di loro sembrano esserci le condizioni adatte per la vita, così come la conosciamo sulla terra.
Si tratta della più importante esplorazione degli ultimi tempi e fin da subito ha suscitato molto interesse in addetti ai lavori e semplici appassionati, generando domande e curiosità sui nuovi corpi celesti.
Cosa sono gli esopianeti e perché sono simili alla Terra
I nuovi esopianeti sono stati scoperti da un gruppo di astronomi guidati da Michaël Gillon dello Star Institute dell’Università di Liegi.
La particolare caratteristica di questi corpi celesti è che sono rocciosi, con una dimensione e una massa simile a quella della Terra e con orbite circolari che girano tutte nella stessa direzione.
Un così forte interesse da parte della comunità scientifica è generato dal fatto che si tratta di corpi temperati, che potrebbero avere le condizioni per lo sviluppo di forme di vita.
Ma quanto distano questi 7 pianeti dal nostro sistema solare? La risposta degli scienziati e di 40 anni luce, cioè, quasi 380 mila miliardi di chilometri. Quindi se consideriamo che il pianeta terra ha una circonferenza di 39.375 chilometri, raggiungere gli esopioaneti equivale a fare all’incirca 9,6 miliardi di volte il giro della terra. Dagli esopianeti scoperti, o più precisamente da quello considerato più abitabile, cioè il cosiddetto quinto pianeta, si può ipotizzare la possibilità di vedere una stella di dimensioni pari a 10 volte più grandi del sole, che assume una colorazione vicina al salmone. L’eccessiva imponenza deriverebbe dalla distanza particolarmente ravvicinata. Mentre per quanto riguarda gli altri pianeti si mostrerebbero di dimensioni inferiori a quelle appena enunciate e saremmo intorno alle due volte più grandi della luna.
Tre di questi pianeti si trovano nella fascia di abitabilità della loro stella, la nana rossa ultrafredda Trappist-1. Questo vuol dire che ricevono una buona quantità di energia e le temperature consentono la presenza di acqua.
Che cos’è una nana rossa?
Le nane rosse sono stelle dalle piccole dimensioni, per certi versi fredde che prendono il nome dal tipico colore rossastro che le contraddistingue. La loro temperatura in superficie è di 3.500 °K contro i 6.000 °K del sole.
A oggi sono considerate le stelle più diffuse dell’intero universo e rappresentano all’incirca il 70% di tutte le stelle presenti nella via lattea. Una percentuale che secondo gli esperti potrebbe raggiungere nei prossimi anni l’80%.
Hanno una massa compresa tra il 40% e l’8% di quella del sole. Quest’ultimo valore è da considerare però un limite. Infatti, al di sotto di esso non si concretizzano le condizioni ideali di temperatura e pressione, utili a innescare un reazione di fusione termonucleare dell’idrogeno in elio. Oltre questa massa considerata limite, si trovano le nane brune che presentano una massa inferiore all’8% e perciò impossibilitate a innescare le reazioni di fusione nucleare.
La quantità di luce emessa dalle nane rosse è molto debole, parliamo di un decimillesimo di quella del sole. Di conseguenza potremmo pensare che le stelle più piccole e fredde sono innocue, ma questo è un errore. Uno studio approfondito conferma l’esatto opposto, le nane rosse mostrano un’attività parecchio sostenuta con brillamenti ed espulsioni di massa coronari, addirittura più intensi rispetto alle stelle di tipo solare. Ciò significa che i pianeti scoperti a orbitare intorno a esse potrebbero correre dei rischi, pur trovandosi nella cosiddetta fascia di abitabilità.
Gli esopianeti sono realmente abitabili?
Non appena è stata fatta questa nuova scoperta, l’intera comunità scientifica, e non solo, si è posta la fatidica domanda: sono abitabili questi nuovi corpi celesti? Esistono forme di vita exstratteresti? Questi interrogativi ovviamente non hanno ancora una risposta, bisognerà attendere il lancio del James Webb Telescope. Questo telescopio sarà lanciato a marzo 2021 e avrà il compito di misurare la chimica dell’atmosfera, ovvero reperire eventuali tracce di ossigeno, metano, ozono che significheranno segnali concreti di vita sul pianeta. Un altro modo per intuire una reale possibilità di sviluppo di vita su uno di questi pianeti è cercare vapore acqueo. Ricerche che è essenziale svolgere nel corso dei prossimi dieci anni al fine di valutare una effettiva presenza di nuove forme di vita.