Gli svedesi dello Stockholm International Water Institute (Siwi) lanciano l’allarme acqua entro il 2030 attraverso una ricerca presentata alla conferenza “L’emergenza idrica e la dissalazione dell’acqua marina: impatti e normativa”, tenutasi a Napoli grazie a Idroambiente.
Le previsioni degli svedesi non sono confortanti. Tra 12 anni, il 47% della popolazione potrebbe essere a corto di acqua potabile.
I motivi dell’allarme
L’allarme è stato lanciato perché la politica sembra non fare abbastanza per risolvere il problema idrico mondiale. Da una parte c’è a crescita della popolazione, e quindi la crescita della domanda di acqua, sia da parte dei privati che da parte dell’industria. Dall’altra ci sono i cambiamenti climatici e il forte impatto ambientale dell’uomo, che sta consumando le risorse idriche.
In particolare, la crescente industrializzazione e informatizzazione globale, sta richiedendo sempre più acqua. Gli impianti di raffreddamento di cui spesso necessitano i sistemi, devono essere alimentati da acqua.
Internet stesso è un vorace consumatore idrico. I server che fanno funzionare la rete infatti, si surriscaldano e devono essere raffreddati. Molti impianti industriali sono nella stessa situazione. A questo si aggiungono i problemi di spreco, per cui molti sistemi obsoleti riescono a consumare più acqua del dovuto.
Quali sono le soluzioni
Certamente non si può deindustrializzare il mondo, ma si possono trovare le soluzioni opportune per affrontare l’emergenza idrica.
In primo luogo vanno evitati gli sprechi. Da questo punto di vista, purtroppo, la rete idrica italiana sembra avere molte carenze, tra tubature che perdono e impianti obsoleti. Ma anche la popolazione mondiale moderna è poco educata al risparmio idrico.
Un altra soluzione che è presa seriamente in considerazione, riguarda gli impianti di desalinizzazione. Oggi ce ne sono già molti, specie nel Mediterraneo, ma secondo l’ingegnere Sergio Colagrossi, ne serviranno di più, in futuro. E ne serviranno di più tecnologici, per non alimentare le controindicazioni ambientali. Tra queste la proliferazione di alghe tossiche, e l’impatto nell’ambiente stesso. Questo perché i dissalatori necessitano di impianti di scarico, che inquinano l’ambiente in cui sono localizzati. Serve dunque mettere a punto regole legislative nuove e compatibili.