La polvere di cocciniglia, una sostanza presente in natura, è l’unica capace di produrre un rosso così tipicamente profondo. In Italia è anche conosciuta col nome di E120, ed è uno dei coloranti alimentari più venduti al mondo. Ma a rendere famosa questa tonalità sono stati i numerosi pittori che l’hanno usata per dipingere quadri straordinari. Cerchiamo di saperne di più!
Polvere di insetto per alimenti
Questo colorante alimentare, che come sopra abbiamo visto prende il nome di E120, è uno dei più usati sia dall’industria alimentare che da quella della cosmesi. È il colore di molti rossetti e fard, ma anche di yogurt, succhi ai frutti rossi, dolci e gelati. Ma qual è la natura di questo composto? Semplice: si tratta di insetti polverizzati. A dirla così potrebbe fare una certa impressione a chi non è avvezzo a gustare “pietanze” legate ad altre tradizioni culinarie.
La prima domanda che però in tanti si pongono apprendendo questa informazione è: “Fa male mangiare un estratto di insetti polverizzati?” Stando a quanto rilasciato dalla FDA, ovvero l’ente statunitense che controlla cibi e farmaci, non c’è di che preoccuparsi. E la pensano allo stesso modo tutti quei popoli che, occasionalmente, si nutrono di larve, termiti o libellule.
E in Italia? Nel bel Paese i pareri sono discordanti, eppure una cosa è certa: non a tutti va di mangiare estratti di questo tipo. Nonostante ciò, è bene ricordare che non esistono effetti collaterali legati al consumo di questa sostanza. Non di rado però sono state riscontrate delle allergie che dovrebbero riguardare nello specifico le proteine dell’insetto.
Nel corso degli anni però ci sono stati dei cambiamenti e il colorante naturale E120 è stato soppiantato da altri coloranti di natura artificiale. Non a caso sulle confezioni di alimenti da un decennio e più troviamo sigle come l’E122 (azorubina) e l’E124, anche detta cocciniglia A.
La cocciniglia cotonosa
La cocciniglia è un insetto di colore bianco dall’aspetto rotondeggiante. Le sue origini sono legate al sud America, in particolare a luoghi come il Perù e il Messico.
Il nome cocciniglia deriva da chochinilla, che in spagnolo vuol dire “porcellino di terra”. Un accostamento forse legato alla sua figura tonda e grassoccia. Questo insetto è un parassita, per vivere ha bisogno di piante del genere Opuntia, meglio note col nome di cactus, delle quali fa parte anche il più noto fico d’india.
Il colorante presente nell’insetto è costituito soprattutto da acido carminio, che nelle cocciniglie messicane ha una percentuale alta, intorno al 24%. A differenza di quelle nate in Europa che hanno un contenuto piuttosto basso, parliamo dello 0,8%. È grazie a quest’acido che si riesce a ottenere quel rosso così speciale che ha reso celebre quest’insetto.
Chi ha scoperto la polvere di cocciniglia?
La polvere di cocciniglia, o per meglio dire il carminio di cocciniglia, è definito il rosso degli Aztechi.
La vecchia aristocrazia amava il colore rosso, simbolo di ricchezza ed energia vitale. Tonalità che, al tempo stesso, veniva considerata peccaminosa dall’Antico Testamento, in quanto legata ai piaceri del corpo.
Per molti anni, ricchi signori hanno investito cospicue cifre nella ricerca di colori più intensi, senza mai raggiungere i risultati sperati. Fino a quando un condottiero spagnolo di nome Hernàn Cortès rivoluzionò il tutto. Aggirandosi nei grandi mercati di Tenochtitlan, antica capitale dell’impero azteco, oggi attuale Città del Messico, notò qualcosa di mai visto prima: un tono scarlatto fuori dal comune che lo lasciò esterrefatto.
Gli Aztechi conoscevano bene le proprietà della cocciniglia da parecchi secoli, le avevano forse apprese dai Mixtechi e le applicavano sia nell’arte che nella medicina. Quando gli spagnoli conquistarono il Messico nel 1521 scoprirono come i nativi ricavavano il pregiato colore, cioè raccogliendo i parassiti dai cactus. Cortès fiero della sua scoperta, riconobbe da subito il dovere d’informare re Carlos V e gli scrisse una lettera. La Spagna divenne da quel momento una superpotenza economica ed esportò il carminio di cocciniglia in tutt’Europa, dando vita a una moda intramontabile.
Il carminio di cocciniglia nell’arte
Oggi giorno sono ancora tanti gli artisti che lavorano con questo misterioso colore, ma come abbiamo visto è solo grazie agli spagnoli che ne apprezziamo il particolare tono.
Nel XVI secolo la polvere di cocciniglia raggiunse un costo spropositato, facendo la fortuna della Spagna. Fra pittori e tintori di quel tempo scoppiò una vera e propria ossessione, tutti volevano il carmino e non si badava a spese, anche perché il rosso era estremamente difficile da ottenere. Gli unici capaci di creare qualcosa di simile erano gli ottomani che usavano la radice di Robbia. I tintori europei cercarono in ogni modo di riprodurre i risultati dell’Oriente senza però riuscirci.
Nel 1570 il vecchio continente era in balia del rosso di cocciniglia e solo in Messico se ne producevano all’incirca 133 tonnellate all’anno. Così le navi cariche di pregiato colore divennero bersaglio dei pirati. Questo tipo di commercio è durato a lungo, raggiungendo l’apice del successo tra il ’600 e l’800. In epoca moderna le cose sono cambiate, la coltivazione del carminio di cocciniglia si è allargata in tutto il mondo e la produzione di E120 artificiale ha diminuito l’esportazione dal sud America. Chi oggi si rifornisce in Messico, soprattutto tra gli artisti, è alla ricerca di un prodotto dalle qualità uniche e inimitabili, quasi come a voler riallacciare un legame col passato e la terra di questo popolo.