Le scimmiette Ogm clonate in un istituto dell’Accademia cinese delle scienze di Shanghai sono insonni e hanno una importante alterazione del ritmo circadiano. Quanto basta per ritenerle un esperimento con conseguente potenzialmente fruttuose: sul tema Adnkronos ha sentito il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell’Università di Roma Tor Vergata, che ha precisato come tali scimmie potranno effettivamente rivelarsi molto preziose nel poter far progredire la ricerca contro diabete, obesità, invecchiamento precoce.
Di scimmie clonate si era parlato abbondantemente proprio di questi tempi, esattamente un anno fa, quando un laboratorio cinese affermo di esser riuscito a creare due primati non umani clonati, usando la stessa tecnica che ha permesso la generazione della pecora Dolly. I macachi a coda lunga “Zhong Zhong” e “Hua Hua” erano nati ai primi di gennaio 2018 in un centro di ricerca a Shanghai, in un processo scientifico che dovrebbe essere molto utile per poter comprendere come sorgono e si evolvono le malattie umane. Non mancano, però, le opposizioni: i critici sostengono infatti che il lavoro ora compiuto solleva preoccupazioni etiche non di scarso rilievo, avvicinando il mondo alla clonazione umana.
Qiang Sun, dell’Istituto di Neuroscienze dell’Accademia Cinese delle Scienze, ha dichiarato che le scimmie clonate saranno utili come modello per lo studio di malattie a base genetica, compresi alcuni tumori, disturbi metabolici e immunitari.
“Ci sono molte domande sulla biologia dei primati che possono essere studiate avendo a disposizione questo modello aggiuntivo” – ha poi aggiunto, specificando che attualmente le scimmie sono nutrite con dei particolari biberon, e stanno crescendo normalmente.
In tale ambito la BBC ha contattato il prof. Robin Lovell-Badge del Francis Crick Institute, di Londra, che ha affermato che la tecnica usata per clonare Zhong Zhong e Hua Hua rimane “una procedura molto inefficiente e pericolosa. Questo lavoro non è un trampolino di lancio per stabilire metodi per ottenere cloni umani” – ha precisato, sostenendo poi che tale approccio è effettivamente utile per comprendere le malattie umane, ma solleva evidenti preoccupazioni etiche.
Dolly è stata la prima pecora clonata, 20 anni fa, al Roslin Institute di Edimburgo. All’epoca, era stato il primo esperimento di successo di clonazione di un mammifero da una cellula adulta, prelevata dalla mammella.
Da allora, molti altri mammiferi sono stati clonati con la stessa tecnica di trasferimento nucleare a cellule somatiche, compresi bovini, suini, cani, gatti, topi e ratti. Una tecnica che comporta il trasferimento di DNA dal nucleo di una cellula ad un ovulo donato, che ha rimosso il proprio DNA, spinto poi a svilupparsi in un embrione e impiantato in un animale surrogato.
Ebbene, Zhong Zhong e Hua Hua sono i primi primati non umani clonati con questa tecnica, archiviando così i fallimenti di vent’anni fa: nel 1999, un embrione di scimmia rhesus era stato diviso in due per creare due gemelli identici. Una delle scimmie nate con questa tecnica – chiamata Tetra – è stata effettivamente la prima scimmia clonata al mondo, ma non ha comportato il complesso processo di trasferimento del DNA.
Nello studio, pubblicato sulla rivista Cell, gli scienziati hanno invece usato il DNA di cellule fetali. Dopo che il DNA è stato trasferito agli ovuli donati, i ricercatori hanno utilizzato la riprogrammazione genetica per alterare geni che altrimenti avrebbero fermato lo sviluppo dell’embrione.
Il laboratorio cinese sottolinea come Zhong Zhong e Hua Hua siano il risultato di 79 tentativi. Altre due scimmie sono state inizialmente clonate da un diverso tipo di cellula, ma non sono sopravvissute.