Nel 1835 Charles Darwin ha documentato la presenza di iguane sull’isola di Santiago, la più grande dell’arcipelago delle Galapagos. Probabilmente il naturalista non sapeva che sarebbe stato l’ultimo scienziato a farlo. Specie invasive hanno infatti liberato l’isola dalle iguane, con un un vuoto ecologico che ora è stato colmato grazie ad un ambizioso progetto di ripopolamento.
Gatti, cani e ratti, insieme a maiali selvatici, capre e asini, hanno di fatti reso la vita impossibile per le iguane sull’isola di Santiago dopo il ritorno di Darwin in Gran Bretagna. Questi animali invasivi si cibavano proprio di iguane giovani e uova di iguana, oppure li superavano per il cibo nella corsa per la nutrizione, impoverendo dunque le opportunità di sopravvivenza di questi esemplari.
Dal 2000, ambientalisti ed ecologisti hanno cercato di far si che le iguane potessero esser riportate sull’isola delle Galapagos: nell’ambito di questo progetto, chiamato Operazione Isabela, sono stati eliminati oltre 18.000 maiali e 55.000 capre.
Ora, con la rimozione completa della competizione non indigena, circa 1.436 iguane terrestri (Conolophus subcristatus) sono state introdotte nelle zone costiere di Santiago, in particolare lungo Puerto Nuevo e Bucanero, secondo la Direzione del Parco Nazionale delle Galapagos (DPNG).
Entrambe le regioni presentano ecosistemi coerenti con l’habitat naturale delle iguane. Per questo motivo, i rettili di nuova introduzione dovrebbero essere in grado di prosperare e riaccendere un ciclo ecologico interrotto dalla loro lunga assenza. “L’iguana terrestre è un erbivoro che aiuta gli ecosistemi disperdendo semi e mantenendo spazi aperti senza vegetazione”, ha detto Danny Rueda, direttore del DPNG, sulla pagina Facebook del Parque Nacional Galápagos.
Questo sforzo di DPNG per ripristinare l’ecosistema delle Galapagos è stato effettuato con l’attiva collaborazione con la Massey University of New Zealand e con l’Island Conservation Organization. Circa 25 guardie del parco DPGN sono state coinvolte nel progetto.